Tangos

È selvaggia, impetuosa, passionale e priva di pudore (…). Il suo ballo è ispirato da Satana. Il diavolo ha concentrato nel suo corpo tutto lo spirito di Lascivia, dando a questo corpo la più perfetta duttilità (…). I suoi fianchi, turgidi e rotondi, interpretano – ora lenti e posati, come in sogno o in preghiera, ora folli e compulsivi, epilettici e indemoniati, come di una cieca posseduta e sottomessa involontariamente a Dioniso – un ideale straordinario di lascivia, tutto un mondo apocalittico di sensualità (…).

Diego Martín Núñez


Cante: Juana la del Revuelo, Remedios Amaya, Aurora Vargas

 Que me ha dejao de herencia
Que me ha dejao de herencia
Que me ha dejao mi Papa
Un candelillo, una mecha
Ay ay ay que alegría
sueno con él noche y día

y por veinte reales
vendo mi candelillo
que es de mi pare

que es de mi pare”

Soñé que Sevilla es de chocolate
y que la Giralda es de piñonate
La Torre del Oro es de caramelo
Y el Guadalquivir es anis del bueno
Ay cachito de pan
Ay cachito de pan
Ay cachito de pan
Ay cachito de pan
Ay cachito de pan
Ay cachito de pan”

Que es aquello que reluce
en medio de los olivares
en medio de los olivares
en medio de los olivares
Son los ojos de mi niña
que se parecen a mi mare
que se parecen a mi mare
Que se parecen a mi mare”

Claridad en los sacais
primito lo que te dí
me hiciste de lo oscuro
y a mi lado te ví sufrir
por eso tu seras pa mí
por eso yo sere pa ti
Siempre serás pa mí
Lo que de nadie espero
Siempre a tu lado estaré
Se ponga salga o no salga el sol
Se ponga salga o no salga el sol
Se ponga salga o no salga el sol
Se ponga salga o no salga el sol
Se ponga salga o no salga el sol
Se ponga salga o no salga el sol”

Si quieres venir tu vente
Tu vente, tu vente
Y si no di que me me vaya
Y no me des la puerta
La puerta, la puerta
Y como un cantaro de agua
que yo me voy de ti, de ti
que yo me voy de ti, de ti”

Y una vez que te dijo peiname Juana
le tiraste los peines por la ventana
y de aquel dia tu peinarle quisiste y no queria
Tu roneas porque vales
tu roneas porque vales
siendo la piedra mas chica
de la acerca mi calle
de la acerca mi calle”

“Ay mare mare mare, Ay mare mare mare…

I Tangos costituiscono uno degli stili basici del flamenco, anche se la loro comparsa è relativamente recente se paragonati ad altri cantes. Con essi l’espressione ritmica del flamenco intraprende un nuovo cammino: dal compás ternario si passa ad un andamento binario, tipico della musica sudamericana, il quale viene arricchito da accenti di carattere moresco. Insieme alle Bulerías è il cante por fiesta per eccellenza, e come il Tientos può essere classificato fra i Cantes chicos.

Forme stilistiche
La gamma dei Tangos è immensa e come nel caso delle Bulerías ne esistono infinite varietà.
Essi presentano diverse forme stilistiche a seconda del luogo di origine o di evoluzione, che si differenziano tra loro per lo più per caratteristiche strutturali e/o interpretative. Di seguito riportiamo un elenco di gruppi suddivisi per provenienza geografica (tra parentesi gli interpreti relativi ad ogni contesto, che con i loro stili personali contribuirono alla forgiatura dei Tangos). Ogni forma stilistica è a sua volta oggetto di singolo approfondimento:
 

Il compás
I Tangos flamencos adottano un compás binario di due o quattro tempi. È certo che l’origine di questa ritmica sia da ricercare nei 6/8 dei Tanguillos gaditanos che in principio erano Tientos (Tanguillos lenti). Aumentando la velocità di esecuzione i Tientos si “binarizzarono”, il 6/8 di origine africana diventò 2/4 attraverso un processo in cui intervennero Siviglia, Granada, Málaga e Jerez.  Il remate con la clave tipica delle ritmiche cubane è una delle chiavi per identificare i Tangos, così come l’accompagnamento delle palmas.  Queste ultime solitamente vengono eseguite lasciando il primo tempo in silenzio e marcando gli altri tre secondo lo schema: 

1234 / 1234 / 1234 / 1234 

e come possiamo ascoltare in questo video:

Ovviamente i giochi ritmici eseguibili con le palmas sono molteplici, variando di volta in volta, secondo l’esigenza e il gusto di chi le esegue.

La tonalità
La maggior parte dei Tangos flamencos vengono eseguiti in scala andalusa (modale), anche se ci sono varianti, soprattutto a Triana e a Granada, che passano per la scala maggiore o minore.  L’accompagnamento viene solitamente eseguito “por medio“.

Il cante por Tangos
Il cante por Tangos, come detto, è uno dei cantes festeros per eccellenza dove il cantaor improvvisa una serie indefinita di letras. Queste spaziano da tematiche amorose impregnate di humor, ad altre più serie e profonde: c’è un vastissimo repertorio, tramandato dalla tradizione orale, dal quale si può attingere. Un ottimo esempio è rappresentato dal nostro video di apertura dove le tre cantaoras a turno interpretano una serie di letras per poi concludere insieme cantando in coro un estribillo (“Ay mare mare mare“) dal minuto 5.45. Come accade per le Bulerías e per ogni cante festero infatti, i Tangos flamencos si prestano molto bene per essere cantati in coro, aspetto che ne sottolinea il carattere aggregativo e socializzante.

Durante la stessa esecuzione il cantaor può ricorrere a diverse forme stilistiche in base alle letras prescelte. Risulta evidente quindi che “ingabbiare” il cante por Tangos in una struttura rigida è praticamente impossibile. Possiamo però, con l’aiuto di alcuni documenti audiovisivi, riassumerne alcune peculiarità. 

Solitamente un cante por Tangos è così strutturato:

  • Salida: il cantaor si “scalda la voce” ed esegue una sequenza vocale introduttiva, solitamente costituita da un semplice fraseggio senza senso (es.  “Lerellelle lelle lelle…“) ma che a volte è costituita da un vero e proprio estribillo (es. “Que bailame a mí por tango marca este ritmo que yo te canto“).  Quel che è certo è che le salidas già possono indicarci lo stile di Tango che verrà cantato, poiché ne distinguono e annunciano il carattere musicale. Ne esistono una grande varietà. E’ anche vero che non sempre la salida è presente: il cantaor, come ad esempio avviene nel nostro video di apertura, può decidere di passare direttamente alla letra.
    Come esempio di salida possiamo ascoltare questo tangos cantato da Fosforito (min. 0:23 – 0.29):
     
    Cante: Fosforito – Guitarra: Paco de Lucia
  • Letras: il cantaor esegue una serie di letras, attingendo da un vastissimo repertorio. Come già detto in precedenza la scelta delle letras è puramente casuale e dettata dall’ispirazione dell’artista. Solitamente le letras sono intervallate da falsetas di chitarra. Il video di apertura ne è un ottimo esempio. All’interno di una letra, tra una ripetizione dei versi e l’altra, la chitarra può effettuare un remate, ovvero un particolare giro di accordi della durata di un compás che chiudono il verso cantato e ne introducono un altro. Per ascoltare il remate di chitarra prendiamo come esempio lo stesso video di Fosforito:“Tu no me dices ni adiós (Min. 0:30 – 0:55)
    Cuando pasas por mi lado (Min. 0:37 – 0:39 – Remate de guitarra)
    Cuando pasas por mi lado
    Tu no me dice ni adiós
    Y cuando escucha mi nombre
    Se te cambia hasta el color
    Y cuando escucha mi nombre
    Se te cambia hasta el color”
  • Estribillo finale: a volte per concludere un cante por tangos si ripete più volte un estribillo accelerando il tempo di esecuzione. Questo viene effettuato dalle tre cantaoras nel video di apertura:
    – “Ay cachito de pan…” (dal min. 1.26)
    – “Se ponga salga o no salga el sol…(dal min. 3.06)
    – “Ay mare mare mare…” (dal min. 5.36)

La letra: struttura e caratteristiche
I Tangos sono cantes con coplas di quattro (Por la mañana te quiero/Y por la tarde deliro/Y por la noche me muero/Mi sueños son mi martirio) e, a volte, tre versi ottosillabi (“Cuando te fuiste de mí /se me acabó la alegría/y la gana de vivir”)  anche se ammette altre forme metriche come ad esempio la Seguidilla. Le letras di Tangos non sono altro che Soleares cortas o grandes. (Si veda Soleás)
Ciò non impedisce ad un cantaor particolarmente ispirato di “meter por Tango” qualsiasi verso o come nel caso dei Cantes o Tangos del Piyayo, facente parte dei Tangos de Málaga,  trovarsi di fronte a versi strutturati in decime.  

Il baile por Tangos
Spesso il  baile por tangos viene eseguito come baile festero durante juergas e feste private (e come tale viene improvvisato) o come finale di altri palos più “importanti” come il Tientos o il Taranto. Quando invece viene interpretato come baile a sé stante, si è soliti seguire una struttura coreografica più complessa, di cui riportiamo un esempio, che ovviamente può subire infinite variazioni a seconda del gusto dell’interprete:

  1. Introduzione della chitarra
  2. Salida del Cante
  3. Salida del Baile (il bailaor può anche scegliere di entrare a ballare nella falseta introduttiva della chitarra, anticipando il cante)
  4. Llamada: la llamada por Tangos, che dura solitamente 8 tempi, consiste in una serie di passi più “decisi” che serve a “chiamare” la letra. Dopo la llamada solitamente il cantaor comincia a cantare.
  5. Letra: il bailaor “marca” la letra e inserisce eventuali remates (che durano solitamente 4 tempi) all’interno della letra stessa o alla fine. Solitamente, vista la brevità delle letras por Tangos, se ne ballano 2 o 3 di seguito.
  6. Dopo la sequenza di letras si può decidere per una di queste soluzioni:
    Subida + Llamada + Cierre (chiusura)
    Falseta + Llamada + Cierre
    Escobilla corta + Llamada + Cierre
  7. Letras
  8. Escobilla
  9. Letras
  10. Finale
    Uscendo dal palcoscenico accompagnando il cante
    Uscendo dal palcoscenico accompagnando una falseta di chitarra
    Chiudendo sul palco con una  Subida de pies + Remate + Cierre
Riportiamo come esempio una coreografia por tangos eseguita da La Chana, di cui  evidenziamo i momenti salienti:

Cante: El Indio gitano – Baile: La Chana –  Guitarra: Luis Habichuela
  • Introduzione della chitarra (Min. 0:00 – 0:25)
  • Salida del cante (Min. 0:26 – 0:51)
  • Letra / Ingresso del baile (Min. 1:00)
  • Subida + Cierre . In questo caso l’aumento del ritmo viene effettuato con le palmas. (Min. 1.35 – 1:54)
  • Subida de pies + Cierre (Min. 2:00 – 2:32)
  • Breve falseta de guitarra – La bailaora accompagna con i pitos (Min. 2:33)
  • Llamada (Min. 2:47 – 2:52)
  • Ingresso del cante (Min. 2.53)
  • Llamada (Min. 3.06 – 3:13)
  • Prima letra (Min. 3:16 – 3:34)
  • Escobilla + Cierre (Min. 3:42 – 4:03)
  • Estribillo (Min. 4.04 – 4:19)
  • Falseta (Min. 4:20) 
  • Escobilla+ Llamada (Min. 4:44)
  • Seconda letra (Min. 4:58)
  • Escobilla+ llamada+ cierre (Min. 5:32)
  • Estribillo + uscita del baile (Estribillo (Min. 5:57) 

La denominazione
L’ origine etimologica del termine “tango” è oggetto di discordanti teorie che riassumiamo di seguito:

  • Il termine Tango deriva da tambo che, nel dialetto dei “bozales” (così erano chiamati gli schiavi che ancora non parlavano lo spagnolo, in quanto appena importati dall’Africa) significava tamburo.
  • Il termine Tango, secondo il dizionario dell’Accademia Reale Spagnola del 1803, deriverebbe da tangano, gioco con osso e pietra.
  • La parola Tango deriverebbe, secondo altri dal verbo latino tangere e tangir, ovvero toccare, suonare uno strumento musicale, suono prodotto da strumenti all’essere percossi.
  • Secondo Carlos Vega, studioso del folclore latino-ameriano, esisteva in Messico, già nel XVIII secolo, una danza chiamata Tango.
  • In alcuni dialetti del Golfo di Guinea, Sudan e Congo, il termine Tango indicava un luogo chiuso, di culto religioso, cui si accedeva a certe condizioni.
  • I negrieri definivano Tango il luogo di concertazione degli schiavi.
  • Secondo il Dizionario Cubano del 1836, il termine era riferito alla casa dove i negri organizzavano le loro riunioni danzanti.
  • Nel 1802 a Buenos Aires esiteva già una casa di Tango. In un documento ufficiale si menziona un associazione di solidarietà di neri chiamata Tango de bayle.
  • Agli inizi del XIX secolo, il Cabildo di Montevideo vietò i Candombés intesi come le feste dei neri denominate generiamente tambos o tangosí. Il divieto si estendeva anche ai locali, agli strumenti e alle danze.
  • Il termine potrebbe riferirsi al vocabolo spagnolo diffuso all’inizio del 1800, di Tango andaluz e Tanguillo.
  • Il termine Tango potrebbe provenire da un vocabolo giapponese. Vi è infatti una città e una regione nel paese che porta questo nome e con il quale è indicata una delle cinque feste popolari giapponesi.
  • Il termine potrebbe derivare anche da tangue, una danza diffusa in Normandia nel XVI secolo.

Un po’ di storia…
Esistono numerose ipotesi riguardo l’origine dei Tangos flamencos e ancora oggi il tutto è avvolto da una fitta nube di mistero e incertezza. È chiaro che non esiste un unico punto di vista, come non esiste un’unica versione riguardo le origini di questo stile.

Cominciamo con il riportare la “teoria americanista“, in base alla quale le origini dei Tangos flamencos sono da ricercare nelle melodie afroamericane che giunsero in Spagna insieme alle altre merci che la penisola scambiava con le sue colonie, dove sin dal 1502, per iniziativa di Isabella di Castiglia, era in vigore la tratta degli schiavi neri.
Nel 1793, nella zona haitiana dell’isola caraibica di Hispaniola, abitata per lo più da schiavi neri, il popolo insorse per ottenere l’indipendenza e per liberarsi dalla schiavitù imposta dalla Spagna. I coloni bianchi francesi e gli schiavi a loro fedeli fuggirono a Cuba. Fu proprio lì che portarono fra le tante usanze, quella delle contradanse, un ballo francese che prevedeva due file di uomini e donne antistanti l’una all’altra. Nella parte orientale dell’isola, a Santiago de Cuba, la contradanse veniva ballata anche dagli schiavi, che vi miscelarono i loro ritmi locali, creando una nuova forma musicale, una danza che ballata in strada veniva definita dai cronisti dell’epoca “Tango”. Il Tango faceva quindi parte della sgangherata famiglia di Paracumbé, Cachumba (A Cuba la Cachumba  è il “ballo dell’altalena”!, el cachumbambé è l’altalena!!), Gayumbas e Zarambeques, parente della Zarabanda e della Chacona in cui si praticava quasi sempre il puntapié delantal o il gesto di alzare la gonna, espressione coreografica della ricerca dell’uomo da parte della donna. A La Habana facevano scalo tutte le navi che, dalle diverse parti dell’America, salpavano con carichi di oro, argento, smeraldi. La destinazione era Cadice, che dal 1717 deteneva il monopolio dell’intenso traffico tra la Spagna e le sue colonie americane. E da Cadice queste navi tornavano a La Habana con prodotti spagnoli. In questo continuo andirivieni, oltre alle merci, i marinai assimilavano e trasportavano musica e cultura. Fu così che queste danze chiamate “Tangos” arrivarono in Andalusia intorno alla metà del XIX secolo, fondendosi con il folclore locale, particolarmente ricettivo a questi ritmi. Nacque così il Tango andaluz.

Secondo José Blas Vega la parola “tango” appare per la prima volta in un curioso manoscritto intitolato “Apuntes para la descripción de la ciudad de Cádiz“, scritto da D. F. Sisto nel 1814. In questo documento si dichiara che il Tango è presente nelle feste popolari gaditane. 

Di recente Faustino Núñez ha scoperto una versione precedente datata 1779, un Tanguillo carnevalero che riporta una tonadilla con titolo “La Anonima” scritta da Tomás Abril, chitarrista gaditano, dove Francisca Laborda (La Paca Borda) canta la seguente letra:

“Los andaluses
En sus tango grazioso
Sus chistes lucen”.

Un articolo pubblicato nel 1849 a Madrid e La Habana intitolato “El origen del tango americano“, rispolverato da José Luis Ortiz Nuevo, ci svela il titolo di tre canzoni ballate e cantate al suono di tamburi nella capitale cubana, viste come antecedenti del Tango americano che trionferà in Spagna. La prima è del 1823 e si intitola La Guanabana“; poco dopo appare “La Limoná“, con il ritornello “Usted no es ná, usted no es chicha, ni limoná“, e alla fine, nel 1843, quella intitolata “La Lotería“. Queste tre canzoni probabilmente furono le più conosciute di un repertorio molto simile a quello che dopo fu conosciuto, una volta sbarcato sulle coste spagnole, come “Tango americano”, danzati nelle feste, accompagnati da tamburi, e che daranno vita a bailes diversi: Contradanza, Walz, o Zapateado con arpa, golpe e canto. La parola Tangos si utilizza in ugual modo nelle Cuadrillas de negros come quelle dei gitani.

A Parigi nel 1850 María Loreto Martínez interpreta una habanera accompagnandosi alla chitarra: “Maria cantò con la sua stupenda voce da contralto, cantando canzoni andaluse e americane. Quando cantò Tango e El Mocito l’ovazione fu generale”. 

Già a partire dal 1852 la definizione di Tango fa la sua comparsa nel Diccionario de la Real Academia: “baile de negros y gente del pueblo que se baila en algunos países de América Latina“, e in diverse edizioni successive si continua a darne questa definizione.

Più tardi, nel 1858, appare a Siviglia un altro Tango di grande successo intitolato “El Cocoye“, ispirato al carnevale di Santiago de Cuba.

Il viaggiatore Charles Davillier vide nel 1862 un tango americano ballato da una giovane gitana dalla carnagione scura, capelli crespi e occhi lucenti, definendolo come “baile de negros que tiene un ritmo muy marcado y fuertemente acentuado“.  Aggiunge Davillier: “Si può dire altrettanto della maggior parte delle musiche che hanno la stessa origine, specialmente quella canzone che comincia con queste parole: ¡Ay, que gusto y que placer! che da qualche anno è tanto popolare quanto il Tango“.

Manuel García Matos credeva che i racconti di Davillier costituissero la prima testimonianza riguardante il Tango e la sua diffusione.

José Blas Vega puntualizza: “Dobbiamo dire che la canzone citata da Davillier “¡Ay, qué gusto, qué placer!”, non è niente altro che il Tango così intitolato scritto da Barbieri per la Zarzuela Relámpago, presentata anni prima”. Tanto Davillier come José Blas Vega con il suo opportuno chiarimento, confermano l’auge del Tango nella metà del secolo XIX. Lo stesso Blas Vega parla di una referenza ancora più antica riguardante le origini del Tango flamenco: una edizione del 1847 della Zarzuela andalusa di Francisco Sánchez del Arco intitolata “¡Es la chachi!“, in cui appaiono questi versi:

“Y no cambio los tesoros 
de tanta nación polilla 
por mis tangos de Sevilla 
y mis corridas de toros, 
mi Jerez y manzanilla”

Da parte sua Ángel Álvarez Caballero non concorda con Blas Vega: “Credo che sia un pò azzardato riferire questi versi al Tango flamenco, in quanto nel testo non se ne fa alcuna allusione. E poi nessuno può assicurarci che fosse un cante per il baile, tanto meno che questo baile fosse proprio il Tango flamenco e non un’altra forma di danza folclorica dell’epoca.”

Romualdo Molina e Miguel Espín scrivono che il poeta e studioso Rodríguez Marín non include il Tango tra la sua collezione di canti popolari spagnoli (opera risalente al 1882-1883) in quanto considerati non flamenchi, bensì “guachinangos“. “Guachinango” era un termine con il quale si indicavano gli americani nella Spagna di quei tempi.

Il Tango, che al principio veniva proposto come numero all’interno di Zarzuelas e di spettacoli di varietà, seguì due strade nello svilupparsi all’interno della musica andalusa. Da una parte diede luogo al Tango de Cádiz che oggi conosciamo come Tanguillo, di origine carnevalesca, e dall’altra al Tango americano, che si coltivò dal 1890 nei Cafés e nei teatri di varietà delle capitali del sud della Spagna, così come in alcuni locali di Madrid, adottando una forma ballabile interpretata da quelle donne che già ai tempi venivano chiamate “tangueras“.

La Carbonera ballava il Tango con grazia speciale, ma possiamo dire che tutte le bailaoras dei Cafés cantantes erano esperte del genere. Pastora la de Malé, per esempio, che sappiamo essere stata gitana e specializzata nel genere, cantava con arte e grazia riscuotendo grande successo. Il Tango era il baile di moda per eccellenza, imprescindibile nei Cafés cantantes, che giunse nei varietà e infine negli inframezzi agli spettacoli di teatro, anche utilizzato come fin de fiesta. Era un baile da donna andalusa. Obbligatorio era il cappello a tesa larga, con il quale si eseguivano recortes scambiandolo fra le mani e mettendoselo graziosamente in testa, mentre si eseguivano passetti graziosi, oppure mentre la bailaora cantava accompagnandosi.

Allontanandosi dall’ambiente carnevalesco e puramente teatrale per integrarsi negli spettacoli di varietà e nei cafés cantantes, il Tango va poco a poco perdendo il suo originale “accento” americano per “andalusizzarsi” e, poco a poco, “afflamencarsi”. Non dimentichiamoci che in questo stesso periodo, anni settanta e ottanta del XIX secolo, molti elementi musicali del flamenco vivono una fase di cristallizzazione e gli interpreti trovano nei Tangos una nuova fonte per esprimere le loro “flamenquerías“, ma questa volta su un compás binario, metrica di due o quattro tempi, proponendo questa ritmica antillana come novità rispetto al resto dei palos che venivano interpretati su compases di tre o dodici tempi.

I Tangos come “cante para bailar” si coltivano quindi a Cádiz, Jerez, Los Puertos, Triana, Granada con numerose varianti, Jaén, Málaga e Extremadura, che insieme alle Cantiñas, alla fine del secolo XIX, si contendono l’applauso del pubblico nei cafés cantantes. In questa epoca erano soliti essere presentati come “tango americano” o “tango de los negros“.

I Tangos flamencos propriamente detti, nasceranno con il nuovo secolo come risultato di adattare alcuni elementi fondanti dei jaleos andalusi, di compás ternario, che vengono “messi” nel ritmo e nel compás del tango americano. Nasce così un nuovo genere, e con lui una lista di nuovi stili che andranno ad integrarsi nel sempre più vasto panorama stilistico del flamenco.

Fra coloro che avallano la “teoria americanista” c’è il chitarrista Manuel Cano che trova nei Tangos l’influenza africana, indù, araba come radice legata all’elemento gitano e afferma: “È stato più o meno ciò che si ritrova negli zingari che accompagnandosi con un oso y un mono, percorrevano il territorio spagnolo suonando questo ritmo, che se ricercato nel flamenco corrisponde al Tango”.

Quel che è certo è che i Tangos erano molto richiesti nei Cafés cantantes, tra la fine del XIX secolo e il principio del XX, e addirittura un cantaor della taglia di Manuel Torre fu presentato come “cantaor de tangos” nel suo debutto a Siviglia del 1902. Ancora una volta, una delle figure principali nel modellare i Tangos flamencos fu Pastora Pavón “La Niña de los Peines”. Da giovane era famosa a Madrid e a Siviglia per il suo esteso repertorio di Tangos, genere “para escuchar“, tranquillo e solenne, sprovvisto della vivacità originale.  D’altra parte questa leggendaria cantaora deve il suo nome d’arte proprio ad un Tango che ella stessa era solita cantare: «Peínate tú con mis peines / que mis peines son de azúcar / quien con mis peines se peina / hasta los dedos se chupa». 

Attualmente i Tangos formano parte del repertorio della maggior parte dei cantaores, essendo un cante aperto all’evoluzione e nel quale costantemente sono stati introdotti elementi innovativi. Un grande cantaor di questo stile fu Antonio el Chaqueta poiché nei suoi Tangos si trova la tradizione e l’evoluzione insieme, un tripudio di flamencura, e da lui che lo dicano o meno, hanno preso i migliori cantaores di Tangos di oggi. Anche i Tangos di Enrique Morente sono un segno dell’evoluzione dello stile come quelli di Camarón. Sono basati sulla musicalità dei cantes malacitanos e granaínos e arrichiti dalla voce di Enrique con un misto di ombre e dolcezza. Enrique el Mellizo fu un grande interprete por Tangos, stile che arricchì della propria personalità, ma che ingrandì fino a farlo divenire Tientos. Dei vari cantaor che hanno scritto la storia del Tango avremo modo di parlare in sede opportuna. Per concludere l’argomento cante con una curiosità invece, segue un esempio di Tangos che era solita cantare la Juanaca, cantaora famosa por Soleares e Alegrías, anche citata da Fernando el de Triana nel suo libro Arte y artistas flamencos che la propone come Cantiña (di fatto l’abbiamo precedentemente riportata come sua letra e proprio stile, si veda Cantiña de la Juanaca).

Cómpreme usté esta levita,
usté que gasta cantaora
es prenda que da la hora
volviéndola del revés;
le quita usté la solapa
le pone un cuello bonito
paecerá un señorito
como un figurín francés.

Anche la guitarra flamenca contemporanea ha incontrato nei Tangos un aire idoneo all’espressione. La creazione di Paco de Lucía ‘La Cañada’ nel suo disco Siroco è un perfetto esempio di tutto il percorso fatto nei Tangos dalla chitarra flamenca più attuale.

La parola agli studiosi

Ricardo Molina e Antonio Mairena dicono di ignorare le origini dei Tangos anche se affermano che “a Triana sempre si cantò por Tangos para bailar“. Lo stesso accadeva a Cadice. Secondo questi autori le origini dei Tangos flamencos vanno ricercate negli antichi cantes de Jaleo e altre coplas destinate al baile diffuse alla fine del XIX secolo.

Ortiz Nuevo: “…di fatto la relazione musicale del Tango con la Habanera, il Son, la Rumba, e la Guaracha primitiva, sembra incontestabile.

Otero: “Non sempre prevedeva posture che rispettavano le regole della decenza”.

Rafael Marín: “C’è chi prende il nome di tanguero o tanguera, perché sono esecutori speciali di questo baile. Un tanguero è ciò che di più eccentrico c’è in un circo, è colui che fa ridere con le sue contorsioni e le sue canzoni più o meno maliziose (…). Oltre a cantare e ballare è solito fare pantomime divertitenti e ridicole su cantaores, bailaores, toreros ecc… Come la Guajira è sicuramente cubano, solo che Cadice ha sempre avuto una grazia particolare nel creare, eseguire e reinventare gli stili. Nel 1902 a Madrid c’è una vera e propria febbre verso i Tangos, ragion per cui non passano 24 ore senza che questo stile si evolva”.

Il carattere erotico è frequente nei Tangos. Un erotismo espresso ad esempio ne La sacerdotisa del Tango di Diego Martin Nuñez di cui riportiamo un piccolo estratto: “È selvaggia, impetuosa, passionale e priva di pudore (…) Amazzone e guerriera della Danza Sacra, superba e fiera, sa rimanere, nonostante le più invitanti proposte, castamente fedele al suo Dio, il Tangos, senza mai disertare il proprio posto (…). Il suo ballo è ispirato da Satana. Il diavolo ha concentrato nel suo corpo tutto lo spirito di Lascivia, dando a questo corpo la più perfetta duttilità. Quando interpreta la sua danza, ci mette quel tocco magico che risveglia nell’uomo il desiderio ruggente e lo induce – quando il desiderio non può essere raggiunto e soddisfatto e fa salire fino agli occhi una vampata rossa di sangue ardente – a sfoderare un coltello, dall’ampia lama di acciaio, che gridi come una brutale imposizione e che provochi un atto criminoso, violento e brutale, eredità della razza musulmana.  I suoi fianchi, turgidi e rotondi, interpretano – ora lenti e posati, come in sogno o in preghiera, ora folli e compulsivi, epilettici e indemoniati, come di una cieca posseduta e sottomessa involontariamente a Dioniso – un ideale straordinario di lascivia, tutto un mondo apocalittico di sensualità focosa e sfinente, brutalmente eccitante con la sua energia afrodisiaca e la sua fierezza lussuriosa. Sa arrivare a questo momento indefinibile e pauroso del finale del Tangos, muovendo il suo corpo da gitana come un rettile, contorcendosi e attorcigliandosi al compás del pianto triste della chitarra, trasmettendo una enorme intensità plastica ed emotiva, mentre le sue labbra rosse e fresche, sanguinanti come una ferita appena aperta, si congiungono ai suoi piccoli, minuti denti bianchi da giovane tigre, pronti a mordere brutalmente, e comunicando un desiderio insaziabile, mentre tutto il suo essere si agita sotto l’impulso di un brivido di barbara incontinenza…”

Per approfondire:

Fonti bibliografiche e web:

  • Alfredo Helman, Passione di Tango
  • Juan Vergillos, Conocer el flamenco
  • Ángel Álvarez Caballero, El cante flamenco
  • Ángel Álvarez Caballero, El baile flamenco
  • José Luis Navarro García, Historia del baile flamenco
  • Manuel Ríos Ruiz, Ayer y hoy del ante flamenco
  • José Manuel Gamboa, Una historia del Flamenco
  • Radiolé
  • Palos flamencos
  • Serrania de Ronda
  • Flamenco de la historia
  • Flamencopolis

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