Garrotín

“Una melodia orecchiabile, vivace e molto graziosa”
Maestro  Goncerbia 

Il Garrotín, come la Farruca, ci conduce al nord della Spagna e al suo folclore. Etimologicamente parlando infatti, deriva dalla parola “garrotiada”, termine asturiano che indica la trebbiatura, che a sua volta trae origine dalla parola “garrote”, un bastone spesso e resistente che veniva utilizzato per “battere” il grano. In questo senso il Garrotín viene collegato ai “cantes de trilla”, ovvero ai canti che venivano intonati dai contadini durante i loro lavori nei campi e che venivano esportati da una regione all’altra durante i periodi della transumanza.

Il compás
Il Garrotín segue una ritmica binaria (2/4 o  4/4), la stessa utilizzata per Tangos, Tanguillos e Rumbas, tanto per il cante come per l’accompagnamento della chitarra, con un andamento più tranquillo e accenti simili a quelli della Farruca.

La tonalità
In tonalità maggiore, il Garrotín primitivo si accompagnava in Re, accordo utilizzato raramente nel flamenco. Attualmente non c’è una regola per l’accompagnamento della chitarra, che può essere eseguito in qualsiasi tonalità, anche se spesso si suona in Do.

Il cante e la letra: struttura e caratteristiche.
Il cante non segue una struttura rigida, ma possiamo comunque individuare alcuni elementi che ne fanno parte:

  • Salida. Di tipologia variabile, non sempre presente. A volte incorpora l’Estribillo.
  • Letras. Di tematica quasi sempre frivola e impregnata di umorismo. Sono prevalmentemente formate da strofe di quattro versi ottosillabi, ma possono essere anche di tre, con possibili ripetizioni fino ad arrivare a cinque versi. 
  • Estribillo – un breve ritornello eseguito alla fine di ogni letra. È proprio l’estribillo che più caratterizza il Garrotín e che lo rende immediatamente indentificabile a chi ascolta. 
  • Estrofa ritmica – solitamente cantata alla fine o  metà del cante e poi seguita dall’Estribillo è una letra con un particolare andamento melodico composta da quattro versi (o da tre versi con una ripetizione).

Questi gli stili canori riscontrati nell’ascolto delle tracce presenti nella nostra discografia. 

  1. Garrotín (Preguntale a mi sombrero)
  2. Garrotín (A mi me dijo mi mare)
  3. Garrotín (Vente tu conmigo)
  4. Garrotín (Que no te lo merecía)
  5. Garrotín (Si pasas por el cortijo)
  6. Garrotín, estrofa ritmica (¿Que te quieres tu poner?)
  7. Garrotín, estribillo composto (De la vera de San Juan)
  8. Garrotín, estribillo semplice (Y el garrotín y el garrotán)
  9. Garrotín, estribillo composto (Titotito titota)
Il baile
Il baile por Garrotín non presenta particolari tipicità, ma può essere paragonato ad un qualsiasi baile por tangos, riprendendone alcuni momenti caratteristici: marcaggio della letra, llamada, escobilla e aumento del ritmo in chiusura. A volte viene ballato indossando il cappello, per rendere omaggio alla letra più distintiva di questo palo (“Pregúntale a mi sombrero…“).
Di seguito riportiamo come esempio una coreografia di Merche Esmeralda del 1981 dove la bailaora trasmette attraverso la sua espressione e le sue movenze tutto il sapore scherzoso e allegro di questo baile:
Al minuto 4:47, alla fine dell’escobilla, segnaliamo la presenza di una letra di garrotín chiamata “estrofa ritmica”, solitamente cantata in conclusione del cante e seguita dall’estribillo :
“Qué te quieres tú poner
qué te quieres apostar
Apuéstate lo que quieras
que yo no me apuesto na’”
 In questo caso è la letra che accompagna la bailaora ad uscire dalla scena. Di seguito riportiamo una versione di Rocio Molina. 
Un po’ di storia
Il legame tra il Garrotín e il folclore asturiano risulta lampante nel video di seguito riportato, dove  si può ascoltare una banda che intona un brano tradizionale la cui linea melodica corrisponde a quella del Garrotín.

Dalle Asturie passò per la Catalogna, dove fu assimilato e reinterpretato dai gitani catalani, in particolar modo in un territorio compreso tra Lérida e Valls, in Tarragona.
Abbondano gli studi che vogliono leridano e calé il Garrotín. In un reportage firmato L. Conde de Rivera nella rivista Digame si afferma “il Garrotín nasce a Lérida” ad affermarlo è Jaime Jiménez El Leridanotocaor e figlio di tocaores nato nel barrio di Pla de l’Aigua “Qui nel Pla, nacque il famoso Garrotín che successivamente si estese agli altri villaggi e interpretato da tutti i gitani d’Europa”. Tutti i flamencos di Lérida parteciparono alla creazione del Garrotín, sia il padre che lo zio di Jaime, Jaime e Martin Jiménez Lo Vell MoronManuel del GuitarréPepe Pubill El Canona e il fratello Manuel Pubill El Parrano e quest’ultimo è colui che ne compose la prima letra. Altri payos contribuirono, fra cui Francisco el Paralets, il fratello El Civil e El Tonet de Lluna o del Bero che si occuparono di dar forma alla coreografia. 

Nel Garrotín si possono inoltre ritrovare echi di melodie ispano-americane (se si ascolta la chitarra si notano similitudini con la Milonga e Vidalidas) così come alcune similitudini con il Tangos del Camino di Granada e le Zambras del Sacromonte.

Il cante por garrotín comincia il suo processo di “afflamencamento” al principio del XX secolo (prima poteva essere considerata una semplice “canzonetta” canticchiata un po’ da tutti) ad opera di illustri cantaores quali Manuel TorreLa Niña de los Peines, che, ispirandosi ai cantes di Amalia Molina e del Niño Medina, riuscirono ad arricchirli e ad impreziosirli tanto da renderli cantes para escuchar. Miguel Espín e Rumualdo Molina hanno espresso le loro convinzioni affermando che il Garrotín non sarebbe uscito dalla sua condizione folclorica se non fosse stato proprio grazie ad Amalia Molinabailaora di grazia impareggiabile che portandolo in scena lo raffinò, strutturò e rese professionale. Amalia, nata a Sevilla nel 1890 cantava e ballava il Garrotín a Madrid già nel 1904 a 14 anni. Così dicevano di lei i fratelli Álvarez Quintero: “Ni pintarla, ni esculpirla, ni en versos encarecerla, a esta mujer hay que oírla, y hay que verla…”. Di seguito possiamo ascoltare l’interpretazione della Niña de los Peines, dove non c’è ancora il “Trantreiro” iniziale e dove il disegno melodico è ancora ad uno stato più primitivo:

Proprio la versione della Niña de los Peines “ha fatto scuola” prevalendo sulle altre (vi sono infatti registrazioni precedenti fatte da La Salerito, Genaro el FeoNiña RomeroEl DianaLa Rubia de las PerlasEl Niño de MóronLa ClavellinaLa AntequeranaNiño de Granada, Sebastiano el Pena; voci appartenenti ad una stessa generazione, al cui seguito si aggiunsero EscasenaEl GarridoNiño MedinaNiño de la IslaNiño de la Marianas) dando seguito a interpretazioni più recenti come quelle di Antonio MairenaRafael RomeroJosé MeneseJosé Mercé.
Il Garrotín ebbe il suo momento di massimo splendore nelle due prime decadi del XX secolo.
Farruca e Garrotín fecero ancora più clamore a Barcellona che a Madrid e non c’era ballerina o “cupletista” che non lo richiedesse. Tutti i maestri di danza di Barcellona dovettero organizzarsi per insegnarli ai propri allievi. Successivamente la moda si estese a Madrid ed infine a Sevilla in tutte le classi. Sembra che Faíco fu il primo ad insegnarlo a Sevilla. 
È proprio grazie a quest’ultimo che l’autentica fama del Garrotín nacque già nel 1905, grazie alla sua coreografia eseguita a Madrid accompagnato dalla chitarra di Ramón Montoya – lo stesso duo che già aveva impresso un nuovo carattere alla Farruca. In seguito a questo loro successo, questo stile cominciò a diffondersi, soprattutto nella zona di Lérida, dove divenne un baile molto comune nelle feste gitane del luogo.  Il Garrotín di Faíco fu modello per molti. Il ballerino-comico Lázaro el Negro fu presentato nel 1911 in Germania come “creatore della Farruca e Garrotín gitano” e la malagueña Dora la Gitana fu ugualmente menzionata come “creatrice del Garrotín” ed è probabile che avesse visto Faíco quando ballava al Café Gran Peña di Barcellona, o i gitani di Lérida, che nelle loro celebrazioni popolari lo cantavano e ballavano in una propria versione.
Contemporaneamente esisteva anche un Garrotín Bolero, insegnato nelle Accademie da ogni maestro. Il Maestro Coronas lo insegnava basandosi su quello di Lérida, e allo stesso modo José Otero che scrisse nel suo trattato d’essere stato il primo ad insegnarlo a Sevilla nel 1906. Lo stesso Otero afferma che anche se è stato Faíco a far conoscere il Garrotín intorno al 1912, i gitani della costa sud della Spagna lo ballavano già 200 anni fa, anche se dice “non credo assomigliasse molto al Garrotín di oggi”. All’inizio del ‘900 ricordiamo anche bailaoras importanti come Gabriela Clavijo la GabrielitaLa Malagueñita e Pastora Imperio, che lo inserirono nel proprio repertorio.
Successivamente Carmen Amaya ne diventa grande interprete. 
A partire dagli anni sessanta il Garrotín tornò ad essere presente nella discografia flamenca, attraverso le interpretazioni di Antonio Mairena e Rafael Romero. Proprio  la versione di Rafael Romero, che abbiamo ascoltato in precedenza, fissò la melodia dello stile. Fu questo cantaor che introdusse la salida classica del “Tran treiro“.
Attualmente tra i maggiori interpreti di questo cante ricordiamo Naranjito de Triana, Fosforito, Mariana Cornejo, José Menese e José Mercé.
Per i solos di chitarra: Sabicas compose uno proprio Garrotín che Rafael Riqueni arricchì, “scordatura” inclusa. Proprio Riqueni ha composto por Garrotín un brillante brano da concerto, che è diventato “un classico” di questo stile:
La parola agli studiosi

Domigo Samperio: “Il Garrotín è grazioso e divertente, senza altre pretese flamenche”.

Maestro Goncerbia: “Nel 1904 ebbi la fortuna di ascoltare un nuovo ritmo, il Garrotín. Una melodia orecchiabile,  vivace e molto graziosa. Con questo stesso nome, Garrotín, uscì la prima partitura e fu universalmente conosciuto grazie a Antonia La Cachavera, Amalia Molina, Orfeo, i fratelli Sebas e i Mingorance”.

Francisco Bejarano Robles: “Quando il Garrotín arrivò nei Cafés cantantes erano già 200 anni che si cantava e si ballava fra i gitani di Levante, in particolar modo a Granada e Malaga.”

Hipólito Rossy: “Il Garrotín, nel suo ritmo, ha qualcosa che ricorda la sardana (una danza tradizionale catalana n.d.r.) e ha molto poco che a vedere con il flamenco, e quel poco ricorda la Farruca”.

Per ulteriori approfondimenti:

Fonti web:

Fonti bibiografiche:

  • Manuel Ríos Rúiz, Ayer y hoy del cante flamenco
  • José Luis Navarro García, Historia del baile flamenco
  • Ángel Álvarez Caballero, El baile flamenco
  • Juan Vergillos, Conocer el flamenco
  • Francisco Bejarano Robles, El cante andaluz
  • José Manuel Gamboa, Una historia del flamenco 

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