Tangos de Granada

Provincia di Granada, Spagna

“Così come a Jerez è di casa la Bulería, a Huelva i Fandangos o a Málaga le Malagueñas, qui a “Graná” sono di casa i Tangos… li abbiamo ascoltati da quando eravamo piccolissimi… questo compás… questa cosa che faceva La Pataperro, queste vueltas e questi colpi che si dava sopra il vestito… questo colore speciale… questo è di qui, di “Graná“, questo è nostro…” Così dice una gitana del Sacromonte. Granada può essere considerata la vera e propria capitale dei Tangos flamencos, nati da riadattamenti dei Tangos morunos de las zambras sviluppati all’interno degli ambienti gitani del Sacromonte e derivati direttamente dalle primitive Zambras. Hanno per base il comune compás dei Tangos flamencos, ma a Granada acquisiscono una fisionomia caratteristica esclusiva dei cantes di questa terra e con un soniquete che si affianca alla musica araba.

Barrio Sacromonte, Granada

La personalità di questi Tangos emerge sin dal primo verso del cante e in tutta la quartina successiva, la cui melodia, in termini flamencos, si “pelea hacia dentro”, con note acute incisive impresse nelle corde vocali dai gitani canasteros. Senza dubbio, in contrasto musicale, la seconda quartina gode di una composizione melodica più varia con toni dolci, dove il cantaorrecrea su voz durante lo svolgersi della copla.

Tangos de Granada sono composti di norma da quattro quartine ottosillabiche, divise in due parti melodicamente uguali, tra le quali viene eseguito un inframezzo musicale che la chitarra realizza con belle improvvisazioni.

A Granada è il Sacromonte, come detto, il luogo di creazione di questi cantes, dei quali possiamo riconoscere stili diversi come i Tangos del Camino, Tangos Canasteros, Tangos Merengazos e quello del Petaco. Diamo una prima occhiata ad alcuni di questi stili, che saranno poi trattati singolarmente in futuro.

Il Tangos de los Merengazos, conosciuto popolarmente a Granada come il Tango Falsetas o Tangos de la flor, ha una struttura musicale formata da sei frasi cadenzate con un ritmo molto vivo, molto allegro, praticamente identico a quello del Tanguillos gaditanos. È solito ballarlo una donna da sola, generalmente al seguito della Alboreá o Arbolá.

Il Petaco è un altro dei Tangos molto popolari a Granada. Musicalmente è molto simile al Merengazos anche se il ritmo è meno vivo e si balla accompagnato dai più smisurati movimenti dichiaratamente picari. Movimenti accompagnati dalle sue popolari letras la più famosa delle quali dice:

Dime, dita, no sé qué tengo,
que a mí me dolía la cabeza,
parece que me va entrando
el mal de la temblaera
ay parece que me va entrando
el mal de la temblaera”.

I Tangos del Camino o Paraos sono quelli che più si identificano con Granada. Si conoscono con questo nome perché è proprio lungo la strada che conduce al Monte Sacro che presero vita, che si acclimatarono e che presero caratteristiche definitive. Sono Tangos medio-lenti, paraos, e marcatamente acompasados, né lento come la Zambra arabe, né veloce come il Tangos de la Flor. A volte vengono interpretati intercalando le letras individuali con quelle corali. Sono anche danzati nei rituali di nozze, come presentazione della coppia di sposi. La donna entra prima dell’uomo e mettendosi di fronte a lui lo invita a ballare. Si chiama anche Valiente per il tono del cante. Le chitarra eseguono le falsetas negli stessi toni del canteGrandi interpreti di questi bailes furono: La Jardín, Teresa Maya, Lola Medina la faraona, Gracia del Sacromonte, la Lili, la Pillina, Pepa la Gitana, Mariquilla, Encarna la del Miguelo e per il cante invece Maria la Gazpacha, Tía Marina Habichuela, Angustias la Cabrera, La Conchilla, Carmelilla del Monte, la Tarantana, Maria Maya e Estrella

Molte le letras, e questa una delle più popolari:

“Ay que baile Carmela
que baile Carmela
ay con zapatos blancos
y medias de sea
y medias de sea
ay medias calás
ay que baile Carmela
que esta enamorá”.

In questo genere ricordiamo i cantes eseguiti da María La Coneja. I Tangos de Granada pieni di flamencura, impressagli dai gitani del Sacromonte, godono di grande popolarità per il suo essere uno degli stili più cantati per il baile in ballet e cuadros flamencos.

Fra i cantaores di Tangos granadinos ricordiamo: Carmen Linares che in “De color de rosa” ci regala un ventaglio di Tangos: quello di Tía Marina Habichuela, Tere Maya e Carmelilla del Monte con le chitarre di Juan Habichuela e Juan Carmona, il cajón di Antonio Carmona ed i cori e palmas di Antonio e Juan Carmona; Estrella Morente con le chitarre di Miguel Ángel Cortés, Miguel Ochando, Enrique Morente Carbonell propone i Tangos del Cerro; ed infine ricordiamo Gabriel Moreno.

Anche Enrique Morente ha proposto questi stili ma con una evoluzione, come del resto molte delle cose da lui proposte. Sono Tangos basati sulla musicalità dei cantes malacitanos e granaínos e arrichiti dalla sua voce mista di ombre e dolcezza, con alcuni versi più cantati. Non corrispondono quindi pienamente ai modelli dei Tangos de Granada, e sarà valutata come creazione personale.

Entriamo adesso nel magico mondo dei Tangos de Granada, bellissimi e assolutamente inestricabili al tempo stesso. Questa sezione infatti contiene tipologie canore riguardanti Tangos de Granada generico (non attribuibili a nessun artista), Tangos del Camino del Sacromonte e i Tangos del Cerro poiché non siamo riuscite, con 1 anno e mezzo di ascolto e ricerche, a distinguere completamente queste tre tipologie in maniera netta. 

Queste sono le uniche vere distinzioni possibili: Il Sacromonte ha i propri Tangos del Camino. Il Sacromonte si trova sulla collina di Valparaiso; i Tangos del Camino sembrerebbero essere Tangos riferiti al pellegrinaggio lungo la strada che da Granada conduce al Sacromonte, ma potrebbero anche semplicemente essere quelli cantati dai gitani del Sacromonte.  Per quanto riguarda i Tangos del Cerro l’unica cosa che ci è venuta in mente è che Granada, circondata da monti, è sovrastata da più Cerros (rilievi) ad esempio Cerro de San Miguel, Cerro de Palomares; per esempio la calle Cerro de Palomares situata nel barrio del Albaícin a Granada sale da questo barrio fino alla periferia dove vivono famiglie gitane e dove ha vissuto Enrique Morente, potrebbero quindi i Tangos del Cerro rappresentare Tangos cantati in quest’altra parte della città di Granada. Oppure con queste due tipologie si distinguono semplicemente i Tangos cantati da chi sta alle pendici di Granada, sui monti. I gitani infatti che si stabilirono nel Cerro del Sacromonte nel 1940 cantavano nelle feste, in matrimoni e battesimi alcuni Tangos proprio originari dei luoghi da cui provenivano: Granada, Málaga, Almería, Pinos, Atarfe o Guadix. I gitani si divertivano con questi Tangos di ritmo allegro che non furono cantati nelle Zambras prima del 1943, momento in cui i gitani iniziano la collaborazione professionale con questo tipo di locali. I maggior interpreti di questi Tangos furono: la Boca ancha, Loles del Cerro che lo ballava e cantava come  la Antonia, la Piano e Pepa del Cerro e el Tirili che cantava i più picari.

Gli stili evidenziati come Granada possono essere del Monte, del Cerro oppure appartenere a Granada per stile personale ad un artista (e in questo caso creeremo un articolo a parte) o popolare, cioè cantato nelle feste di questa città.  Qui è dove non possiamo entrare, e forse in parte è anche giusto. Si tratta di cultura popolare locale, strettamente legato al vissuto di una città, che non è la nostra 😉 

Qui proponiamo i diversi stili riscontrati nella nostra discografia:

Tangos de Granada:

Stili personali:

Per approfondire:

Fonti:

  • Los Palos del Flamenco
  • Horizonte Flamenco
  • Flamencopolis
  • Soliloquios Flamencos
  • Radiolé
  • Flamoslandia
  • Conocer el flamenco, Juan Vergillos
  • Ayer y hoy del cante flamenco, Manuel Ríos Ruiz
  • Una historia del Flamenco, José Manuel Gamboa 

1 responses to “Tangos de Granada

  • Adonay

    Cualquier similitud entre flamenco y cantes moriscos o andalusíes, que las hay como ocurre con otras manifestaciones musicales coetáneas como los cantes sefardíes o con cantos de la liturgia católica, hay que buscarla no en una relación de descendencia sino de colateralidad.
    En efecto, en el parentesco no es igual ser hijo o nieto de que hermano o primo de y con el cante ocurre lo mismo. Los estudiosos del cante han aflorado la teoría de que este es el resultado de la confluencia en Andalucía de las tres culturas, pero sin aportar datos de la forma o mecanismos con los que intervienen esas tres manifestaciones de cultura musical. Y dicho así, nada explica pues las tres culturas convivieron no solo en la Baja Andalucía, sino prácticamente en toda la mitad sur peninsular desde Toledo hacia el sur. Esa conclusión que viene a poner de relieve afinidades del flamenco con otras manifestaciones musicales no reside en que esta haya sucedido a aquellas ni en que los gitanos copiasen cantos a moriscos, judíos o al clero católico. En ninguna de esas comunidades existían cantos como los palos actuales del flamenco. Era otra música con otra técnica de ejecutarla distinta a la que adopta con el flamenco.
    Una recopilación histórica más analítica sugiere que hay un tronco común en esas manifestaciones musicales que es lo que las hace similares.
    En efecto los estudiosos de la historia musical defienden que con la expansión del cristianismo en el S VI toma auge el cante gregoriano que es en esencia una recopilación de cantos antiguos que hace el Papa Gregorio Magno inspirados en cánticos de la Sinagoga judía en su mayor parte y en cantos sirios que es adoptado por la Iglesia a través de la Salmodia Occidental. San Pablo decía “cantando a Dios en vuestro corazón.” Igual ocurre con el canto greco bizantino su homónimo oriental, que es muy afín al gregoriano salvo que se canta en griego y el gregoriano en latín. Entre sus modos predominantes estaba el modo frigio y el mixolidio.
    Pero el gregoriano, al igual que el greco bizantino, estaba inspirado en cánticos hebreos, sirios y del Mediterráneo oriental como los Alelohuías fenicios. Y además toma como modo musical predominante la modalidad frigia instaurada en lo que actualmente es el centro de Turquía donde se situó el antiguo reino de Frigia.
    A su vez y como defiende Amin Chaachoo la música andalusí tiene un componente de inspiración muy marcado por el gregoriano y también lo tiene el flamenco por esa convivencia de gitanos en recintos eclesiásticos, por los antecedentes cristianos de muchos de los que llegaron y se les llamó gitanos y porque adoptan predominantemente el modo frigio a la hora de componer la mayor parte de los cantes como destacan algunos musicólogos. Y es la región de Arzingan o la actual Ercinca, históricamente estuvo integrada en el reino de Frigia y en los antiguos reinos cristianos de Turquía a los que se ha aludido permanecía este modo musical en la liturgia gregoriana. Ese mismo modo musical lo encuentran los gitanos en los cantos de los conventos andaluces y se había conservado dentro de la comunidad mozárabe, pues hubo una época en el Siglo VI, cuando los béticos cantaban trenos en los funerales e himeneos en las bodas, según San Isidoro, en que Andalucía estuvo muy influenciada por la cultura Justinianea pues fue provincia del Impero de Justiniano al igual que lo fue prácticamente toda Turquía, donde el gregoriano y sus modos musicales fueron de común uso en la liturgia. De hecho aún hay manifestaciones en la Iglesia griega o en comunidades cristianas de Siria, Palestina y Egipto. Es un dato históricamente constatado que en el concilio de Toledo del Siglo VII se adoptó el canto gregoriano como canto litúrgico, y su práctica fue tan reiterada en los cuatro siglos siguientes, que fue un grave obstáculo para la implantación del canto romano que acabó imponiéndose de forma general en el Siglo XI, aunque en algunos conventos de Toledo, Salamanca y mozárabes pervivió y se siguió practicando en canto gregoriano en su versión más purista greco bizantina con predominio de la modalidad frigia y mixolidia.
    Berlanga (Clasificación de los cantes según su modo musical) dice que “cuatro sonoridades fundamentales aparecen en el Flamenco: la sonoridad frigia, los modos mayor y menor y la sonoridad mixolidia. Las llamaremos los modos de Mi, de Do, de La y de Sol. A.1. La sonoridad frigia es la más frecuente en el Flamenco. Está muy presente en diversas músicas tradicionales de la Península Ibérica. Es una sonoridad modal, muy mediterránea pero que en España ha desarrollado características específicas. En musicología se habla a veces del Tetracordo Frigio Hispánico”. Esta reflexión coincide con lo que se viene manteniendo sobre el componente de griegos entre los gitanos, procedentes seguramente de la región de Arzingan que quedaba dentro de lo que antiguamente se llamaba Frigia.
    Añade que “el elenco de los cantes que se desenvuelven en la sonoridad frigia son: Debla. Saetas por seguiriyas. Seguiriyas. Livianas. Soleares. Polos y Cañas. Tientos. La mayoría de los tangos. Serranas. Petenera. A estos cantes hemos añadido toda la familia de los fandangos porque ha quedado justificada (ver enlace Modalidad y modo de Mi en el Flamenco) la dudosa apreciación de cantes bimodales con que se les designa. Así pues: todos los tipos de malagueñas (incluidas las cortas o cantes abandolaos de Juan Breva y los fandangos cordobeses), las granainas, rondeñas, jaberas, cantes de Levante (tarantas, tarantos, mineras, cartageneras), los fandangos locales de Huelva y los fandangos personales”.
    Y concluye que “si comparamos estas escalas o modos con los de coplas o antiguas tonadas tradicionales no flamencas de Andalucía (fandangos verdiales de baile, saetas preflamencas, canciones de corros, nanas, cantes de trilla y de gañanes etc.) comprobaremos que la proporción de modos es similar: predominio del modo de Mi, abundancia de los modos de Do (o mayor tonal) y de La (o menor tonal) y ocasionalmente el modo de Sol o sonoridad mixolidia.”
    Es por tanto el tronco común del gregoriano el que transmite similitudes musicales al flamenco, al cante de la liturgia católica y a los cantos musulmanes e incluso a las muezinícas a las que aludía Falla que se inspiran en el kol nidrei hebreo y en los Alelohuías fenicios., pues no se debe perder de vista que antes de que la cultura musulmana irrumpiera en la historia ya eran milenarias la cultura hebrea, siria, hindú y fenicia.
    La inspiración del gregoriano en cantos hebreos determina también esas similitudes con cantos sefardíes y del Mediterráneo oriental que otros aprecian.
    Todo esto, por decirlo de algún modo, denota que entre el flamenco y los cantes citados hay un parentesco colateral y en modo alguno significa que entre gitanos y moriscos o sefardíes hubiese una convivencia tan estrecha hasta el punto de llevar a los gitanos a copiar los cantos de esas comunidades hasta tal punto de considerar al flamenco directamente copiado de esas musicalidades y sucesor de las mismas.
    El gregoriano al igual que su homónimo greco bizantino, sintetiza por tanto una técnica musical basada en el predominio de la voz o música a capella sobre el acompañamiento instrumental que era predominante en cantos hebreos, sirios o en los Alelohuías fenicios que seguramente llegaron a la Gades fenicia y posteriormente a la España cartaginesa. Este predominio de la voz se haya presente en los cantes flamencos llamados libres que familiarizan con el grupo de las tonás y en menor medida, en algunos palos derivados de los fandangos como malagueñas, las granaínas y las medias granaínas o cantes de Levante.
    Además hay otro tronco musical que también explica similitudes entre cantes flamencos y la música andalusí.
    Antes se hizo mención a la crónica de Hanza Ispahán (Hanzah inb Hasa-el isfalani) quién hacia 950 recompuso la historia de los reyes de Persia, relatando como acontecimiento destacado en el reinado de Bahram Ghor, Shah de Persia entre el 420 y 438, la llegada de doce mil Zott o Sott. Escribía que para alegrar su reino el buen Shah escribió al rey de la India, quién le envió a doce mil músicos Zott o Sott y Bahran Ghor y los distribuyó por las ciudades de su imperio”. La margen de lo anecdótico, se trasluce un hecho y es que en Persia no había cultura musical suficiente como para animar al pueblo y fue necesario traer músicos de la India. El dato es muy importante para determinar las inspiraciones musicales de la música persa que tanta impronta tuvo en la música musulmana en general y en la andalusí en particular.
    El poeta Firdudi, en el libro de los reyes (terminado en el 1011), cuenta la misma historia, pero con algunas variantes, cuando alude a los Luris no Sott, que provenían de la ciudad hindú de Alur situada al sur oeste de la India en la antigua Misora, actualmente Karnataka. En el oeste de Irán, al sur de los montes Zagros existe la provincia de Luristán o tierra de los Luri por lo que hay datos que verifican esa noticia histórica.
    Estas crónicas permiten deducir que la música persa se inspira en gran parte en la cultura musical hindú y la llamada música andalusí, cuyo principal ingrediente es según los estudiosos, la música persa, deriva del tronco musical de la India. Estas similitudes se aprecian aún en algunas composiciones de música festera del Lorestán iraní, muy similar a las taranas de la India y a los tangos flamencos. En los enlaces http://youtu.be/x/sNU_DMzNko http://youtu.be/3_xDWqr_jQc se pueden apreciar esas similitudes.
    Ziryab es considerado el gran creador de la música andalusí y se le conocía como el pájaro negro, llamado asi no porque vistiese de negro, sino por el color oscuro de su piel, aunque era del Kurdistán región limítrofe a Lorestán. Pero la única población negroide establecida en Persia provenía del Valle del Indo por lo que existen indicios suficientes para considerar a Ziryab como descendientes de aquellos músicos hindúes a los que aluden los historiadores citados.
    Por tanto Ziryab lo que pudo traer a la Córdoba del Siglo IX fue la cultura musical de origen hindú que fue la que inspira la música persa, aunque no hay constancia de una pervivencia musical clara de esta en la Península en forma tal como para evolucionar hacia el flamenco diez siglos después de Ziryab.
    Los gitanos llegados a España en su mayor parte provenían de la India. Los tzengaris o Roumna-chal son situados por los historiadores en las mismas regiones en que los historiadores persas sitúan a los zott o a los luris que llevaron a Persia la música hindú.
    La conclusión es que la música persa de inspiración hindú que viene a España con Ziryab surge del mismo tronco de la música hindú que inspira algunas composiciones del flamenco, sobre todos los tangos, muy afines a las taranas o a los cantes de boda del Rajastán. Es por tanto el tronco común de la música India que inspira a la persa y al flamenco lo que hace que una y determinadas composiciones o palos del otro, tengan afinidades, pero en modo alguno significa que los gitanos copiasen de los moriscos sus cantos para dar lugar a los tangos u otros palos festeros.

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