Farruca

“…todo lo que sucede entonces en el aire tiene una gran dimensión jonda, sin que en esos momentos nos importe nada conocer sus posible y acaso extraños antecedentes”

Caballero Bonald


Baile: Mario Maya – Cante: Antonio Cuevas – Guitarra: Paco y Angel Cortes

L’origine del nome di questo palo flamenco è stato oggetto di discussione di molti studiosi. Secondo alcuni deriva dal termine con il quale gli andalusi (e anche i cubani a detta di Gabriel Mana Vergara, nel suo “Dizionario etnografico americano”) designavano il galiziano o l’asturiano, proveniente dalle zone del nord ovest della Spagna, che aveva lasciato la propria terra per emigrare all’estero: il “farruco”. Sempre il termine “farruco” viene utilizzato in Andalusia come soprannome per quelli che si chiamano Francisco. Etimologicamente parlando, “farruco” è una parola che proviene dall’arabo furuq, che vuol dire “coraggioso”.
Secondo la classificazione di Caballero Bonald fa parte dei “Cantes derivados”: “grupo de variantes oriundas de distintos cancioneros populares. Dependencia con el cancionero galaico – asturiano”. Secondo Faustino Núñez la Farruca, come il Garrotín, è un Tangos in tono minore che si avvicina al Tientos o al Tangos de Málaga, erroneamente considerata gallega a causa delle falsetas create da Montoya e Sabicas che ricreano la scala galiziana della Gaita (cornamusa tradizionale utilizzata in Galizia e Portogallo) e soprattutto perché la letra più famosa “Una Farruca en Galicia…” allude proprio a questa zona geografica. José Blas Vega, la cui classificazione è il nostro punto di partenza, lo definisce “Cante di varia natura aflamencado, di origine ibrida o incerta“.

Il compás.
La Farruca segue una ritmica in 4/4, con forte enfasi nel primo tempo. 

La tonalità.
La Farruca si esegue normalmente in tonalità di La minore (La-/Mi7) con alternanza di dominante e tonica e intervento della subdominante nell’accompagnamento della chitarra. Il tono minore attribuisce a questo stile un carattere sentimentale e malinconico. Nel video di seguito riportato si può ascoltare l’accompagnamento di base eseguito dalla chitarra: 

Il cante e la letra: struttura e caratteristiche.

La Farruca nel suo complesso, ovvero la letra e i suoi due estribillos, si riferiscono alla registrazione di Manuel Torre che ha avuto il pregio di divulgarla tanto che alcuni lo avevano soprannominato “Manolito tranteiro”. Insieme a lui ha un’ importanza elevata la Niña de los Peines che ne registra 8 effettuate tra il 1910 e il 1916. Già prima di loro noti cantaores hanno registrato questo palo tra i quali spicca El Mochuelo e La Rubia. Secondo Faustino Nuñez la Farruca, come il Garrotín, è un tango in tono minore che si avvicina al Tientos o al Tango de Málaga, erroneamente considerata gallega a causa delle falsetas create da Montoya e Sabicas che ricreano la scala galaica della gaita e soprattutto perchè la letra più famosa dice “Una farruca en Galicia…”. Secondo la classificazione di Blas Vega fa parte del quarto gruppo: cantes  varios aflamencados de origen hibrido-incierto. Secondo la classificazione di Caballero Bonald fa parte dei Cantes derivados: grupo de variante oriundas de distintos cancioneros populares. Dependencia con el cancionero galaico-asturiano.

Una componente caratteristica di questo cante è la tradizionale salida che potremmo chiamare “Tran Tran Treiro” costituita da un fraseggio senza senso che sembra imitare il suono della chitarra. Questo viene posto sia in apertura che in chiusura del cante. Il Tran Tran Treiro è attribuito a Manuel Lobato El Loli, cantaor jerezano della fine del secolo XIX e successivamente ripreso da Manuel Torre. Fa più o meno così:

Tran, tran, tran, trantreiro
treiro, treiro, treirotran
que con el tran, tran, tran, trantreiro
treiro, treiro, treiro, treiro, treirotran.

La letra di Farruca, solitamente in un cante ne viene cantata solo una, è composta da quattro versi ottosillabici che rimano al secondo e al quarto (A-B-C-B). Il cante por Farruca è cadenzato e malinconico. La letra può essere cantata pura o con ripetizione (non c’è una regola su quali versi vengano ripetuti) fino a un massimo di 8 versi. Alla fine della letra si effettua una caratteristica melodia discendente che si realizza sopra l’ultima vocale, e questo ricorda alcuni canti tradizionali della Galizia e della Asturia.

Per quanto riguarda gli Estribillos, se ne possono cantare uno o due in un cante, solitamente il primo è di 4 versi, a volte di 5, e può essere puro o con ripetizioni fino ad arrivare a 5 o 6 versi. Anche in questo caso non c’è una regola precisa su quali versi vengano ripetuti. Il secondo estribillo che viene cantato può presentare le stesse caratteritiche del primo o, più frequentemente, essere quello attribuito a Manuel Torre che è di 3 versi e che solitamente viene cantato senza ripetizioni. Anche in questo caso non ci sono regole precise.

Quindi in definitiva abbiamo: Introduzione, (Trantreiro ), Letra, Primo Estribillo, Secondo Estribillo (non sempre presente), Finale (Tran treiro). Vi rimandiamo ai seguenti articoli per gli approfondimenti relativi agli stili melodici del cante con conseguente ascolto degli stessi: 

Il baile: struttura e caratteristiche
Come baile la Farruca è molto più interessante, “flamencamente parlando”,  che come cante. Il baile è sobrio e virile, con un certo aire de soleá, dove predominano i redobles e un forte taconeo proprio del baile mascolino. È malinconico e statico, cadenzato e serioso, e la maggiore difficoltà è costituita dai redobles a contratiempo che si alternano con gli altri passi. Frequente è l’utilizzo dei pitos, ovvero lo schioccare delle dita. Non si utilizzano invece le castañuelas. Solitamente viene eseguito entro uno spazio molto ridotto.

Essendo la Farruca principalmente un veicolo per dimostrare le capacità interpretative del bailaor, la forma di questo baile è determinata dalle scelte del singolo interprete. La coreografia non ha una struttura rigida, ma le varie sezioni (letra, escobilla, palo seco…) possono essere facilmente interscambiabili.
Ad esempio, la danza può cominciare con una falseta di chitarra o con un assolo di piedi. Può cominciare lentamente, con una drammatica camminata del bailaor (così come fa Mario Maya nel video di apertura), oppure in maniera irruenta con un forte zapateado.
L’interprete, sia esso uomo o donna, solitamente indossa il “traje corto” o “traje campero“. I pantaloni aiutano a sottolineare e a valorizzare il zapateado che la caratterizza.
La parte iniziale della danza è poi seguita da una caratteristica llamada che introduce ad una nuova sezione della danza o alla letra, che il bailaor interpreta solitamente in maniera molto espressiva e solenne. (Come esempio si può osservare la llamada che Maya effettua al minuto 3:03 del nostro video di apertura).
La coreografia di Farruca solitamente termina por Tangos o Tanguillos, che vengono effettuati nella stessa tonalità minore.

Un po’ di storia
Per illustrare le origini della Farruca, bisogna ricordare il grande esodo dei galiziani a partire dal XIX secolo verso il continente americano: probabilmente questo cante era ispirato dalla malinconia e dalla tristezza dovute al loro allontanamento dalla propria casa e dai propri affetti.
La definitiva versione flamenca del cante por Farruca si deve a Manuel Lobato El Loli al principio del XX secolo, che a detta di Domingo Samperio fu il suo primo importante interprete, seguito da Manuel Torre che senza dubbio la fornì della particolare grazia che la caratterizza. Poco dopo raggiunse una straordinaria popolarità, quando fu cantata da una voce femminile in falsetto nell’opera “Alma de Dios” del maestro José Serrano. Attualmente non è un cante molto diffuso e viene eseguito esclusivamente per accompagnare il baile ma fino agli anni venti godette di grande diffusione, viste le innumerevoli incisioni discografiche di quegli anni. Hipólito Rossy (“Teoría del cante jondo“, Barcelona, 1966) ricorda di avere ascoltato la seguente letra di farruca (resa popolare da Torre e che è diventata un “classico”) nel 1907:

“Una farruca en Galicia
amargamente lloraba,
porque se le había muerto su farruco
que la gaita le tocaba”

Tra i cantaores che si cimentarono por Farruca seguendo l’insegnamento del Loli e di Torre ricordiamo: La Niña de los Peines, El Mochuelo, Niño de la Isla, Revuelta, la Rubia, La Salerito, La Pastora, Manolo Pavón, Fernando Valencia, José Cepero, El Diana, El Canario de Colmenar, El Macareno, Valderrama, El Príncipe Gitano, Manuel Mairena, Perro de Paterna, José Menese.

La Farruca come genere per chitarra fu coltivata magistralmente da Ramón Montoya, Sabicas, Niño Ricardo, Luis Maravillas, Serranito, Niño Miguel, Enrique de Melchor, José Antonio Rodríguez, Manolo Sanlúcar e Paco de Lucía. La Farruca per chitarra è solita rematare il toque con una coda che ricorda una “alborada gallega” (una composizione musicale tipica di questa terra solitamente eseguita da una cornamusa), accelerando il tempo e crescendo di intensità.


Guitarra: Enrique de Melchor

Molti sono stati i compositori che hanno realizzato versioni strumentali della Farruca, permettendo l’introduzione di differenti strumenti musicali, anche se la chitarra resta comunque lo strumento di accompagnamento principale. 

Per quanto riguarda il baile il suo creatore fu nel 1908, Francisco Mendoza Ríos “Faíco“, con la collaborazione del tocaor Ramón Montoya.  Il cafè de la Mariana di Madrid è il luogo in cui Ramon Montoya e Faíco si incontrarono. Quest’ultimo, bisognoso di denaro, confessò a Montoya di voler creare qualcosa di nuovo, che lo distinguesse dagli altri con un nuovo baile, e che lo rendesse famoso. Fu così che Faíco e Montoya forgiarono la Farruca. Faíco ottenne il successo tanto atteso e ballò in Europa e in America; pare che oltre alla Farruca fu autore del baile por Garrotín. Questa maniera di ballarla ebbe molto successo a Barcellona e Madrid, dove cominciò ad essere uno dei bailes più richiesti nei tablaos.

Per molti anni la Farruca fu interpretata esclusivamente da bailaores tra cui ricordiamo Vicente Escudero, Antonio Gades e José Greco (che inventò la llamada “larga” o “doppia” che aggrega compases di otto a seconda del volere del bailaor) che seppero creare famose versioni di questa danza. La replica femminile del baile por farruca apparse con Tía Juana la Faraona, Rafaela la Tanguera e María de Albaicín, per poi proseguire con la grande Carmen Amaya e la più recente Sara Baras, che ne ha saputo fornire una grande interpretazione.

Tra le interpretazioni ormai storiche ricordiamo quella di Joaquín Cortés nel film “Flamenco” di Carlos Saura. Farruquito include una Farruca con cante nel suo spettacolo “Alma vieja” del 2003.

Negli ultimi anni abbiamo visto Javier Barón interpretare una Farruca accompagnata da violino tzigano, nel suo spettacolo di commovente bellezza e flamencura Vaivenes, un’altra era stata proposta nel suo precedente Dos voces para un baile; Isabél Bayón ne propone una nel suo spettacolo Tortola Valencia, e Rubén Olmo, con accompagnamento di cornamusa, coreografata dal grande Israel Galván, che trovate nella sezione multimediale. Un’altra magistrale interprete por Farruca è Mercedes Ruiz, bailaora di grande grazia e precisione. Purtroppo di molte di queste meravigliose interpretazioni non abbiamo riscontrato supporto video. Ne proponiamo uno della grande Rafaela Carrasco, prestigiosa esponente del baile femminile dei nostri giorni:

Attualmente possiamo dire che la Farruca sopravvive grazie al baile e al toque, anche se il cantaor José Menese ha saputo recuperarla introducendo letras moderne. Di seguito alcuni video del baile por farruca:

La parola agli studiosi.
José Carlos de Luna, nel suo “De cante grande y cante chico“, parla degli “assurdi goffi movimenti della meticcia Farruca” che viene rappresentata come “lo sfortunato aborto dei galiziani”.
Caballero Bonald: “La Farruca in sé, è un baile pieno di serietà, malinconico e statico, cadenzoso e grave, la cui principale difficoltà stava nei suoi redobles a contrattempo che si alternano ai suoi passi peculiari. Le sue falsetas rappresentano quasi lo straripamento dell’istinto del bailaor che contribuisce a fornire una solidità più jonda. Alla fine la Farruca entra in compás di Tango e bisogna essere molto bravi per non farla sfociare in una danza frivola e “leggera”. Siamo sicuri che quando Rafael Romero canta una Farruca e Juan Heredia, uno dei Pelaos del ramo di Faíco, la balla, tutto quello che succede intorno acquisisce una dimensione profonda…”

Per ulteriori approfondimenti:

Fonti web e Bibliografia


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